Uno dei punti di forza della birra è la sostanziale libertà che lascia al birraio. Sebbene molti stili prevedano l’impiego delle quattro materie prime di base (malto, luppolo, lievito e acqua) e al massimo qualche aggiunta di contorno, è sempre più comune imbattersi in prodotti aromatizzati con ingredienti insoliti, se non addirittura improbabili.
È un fenomeno derivante dalla continua necessità di proporre qualcosa di nuovo e sorprendente sul mercato, tuttavia esistono alcuni casi eclatanti che appartengono alla tradizione e non al tentativo di inseguire le mode. In altre parole, determinati ingredienti – come le ostriche o il sale solo per citarne alcuni – nonostante sembrino avere poco in comune con la birra, costituiscono le fondamenta di antiche consuetudini brassicole. Un esempio peculiare è quello della zucca, vegetale che difficilmente saremmo propensi ad accostare alla nostra bevanda e che invece è il presupposto per l’esistenza delle Pumpkin Ale.
Le Pumpkin Ale rappresentano uno dei pochi stili originari degli Stati Uniti e il primo documento ad attestarne l’esistenza risale al 1771, quando l’American Philosophical Society pubblicò la ricetta per creare una Pompion Ale, nome arcaico delle birre alla zucca. In realtà l’impiego del frutto nella produzione brassicola americana è presumibilmente anteriore a quella data e si diffuse durante la fase di colonizzazione del continente, quando gli immigrati provenienti dall’Europa cercarono di produrre birra con le materie prime a loro disposizione.
Poiché il malto d’orzo europeo attraversava l’Atlantico solo saltuariamente, i primi birrai americani cercarono di sostituire (o al massimo integrare) l’ingrediente con succedanei come granturco, mele e, ovviamente, zucche. Le cucurbitacee si rivelarono particolarmente adatte allo scopo, grazie alla presenza di molti zuccheri fermentabili.
Dunque le prime Pumpkin Ale erano prodotte senza malto d’orzo (o con quantità minime) e spesso prevedevano non solo l’aggiunta di zucche, ma anche di altri ingredienti come frutta e cereali alternativi. Con il tempo la percentuale di malto d’orzo crebbe finché queste birre assunsero le caratteristiche che oggi definiscono la loro tipologia di appartenenza.
In realtà, tra il periodo di diffusione delle Pumpkin Ale e la loro attuale presenza sul mercato ci fu una fase di totale oblio. Con l’intensificazione degli scambi commerciali e la disponibilità di malto d’orzo in America, i presupposti per l’esistenza delle Pumpkin Ale vennero meno e la tipologia scomparve quasi del tutto.
Fu riscoperta solo a partire dagli anni ’80 del XX secolo, quando negli Stati Uniti stava esplodendo il fenomeno della birra artigianale. Molti birrifici cominciarono a riproporre sul mercato una tipologia che affondava le sue radici nella storia della nazione, resuscitando quindi uno stile che era andato perduto. Facile immaginare che questa operazione di recupero sia stata suggerita dalle potenzialità commerciali delle Pumpkin Ale nel periodo di Halloween: in effetti le loro vendite tendono a impennarsi soprattutto in concomitanza con la famosa festività autunnale.
Quello delle Pumpkin Ale non è uno stile in senso stretto, ma una sorta di “caratteristica” associabile a determinate birre. In altre parole, l’impiego della zucca può avvenire partendo da stili brassicoli assai diversi tra loro. Tradizionalmente quello di riferimento è rappresentato dalle Amber Ale, ma il frutto può essere tranquillamente aggiunto a Stout e Porter, a tipologie di stampo belga e persino a basse fermentazioni – in quest’ultimo caso il nome Pumpkin Ale diventa fuorviante e quindi sarebbe più corretto parlare di Pumpkin Beer.
La presenza della zucca ha chiaramente delle ripercussioni a livello organolettico. I parametri che entrano in gioco sono diversi: la fase della produzione in cui viene aggiunto l’ingrediente, la varietà di cucurbitacee utilizzate, il modo in cui vengono trattate prima di essere inserite nel processo produttivo. Di base la zucca è in grado da una parte di esaltare la secchezza della birra, dall’altra di lasciare una leggera scia zuccherina a fine sorso. In base all’interpretazione del birraio, il contributo della zucca può tradursi in una netta caratterizzazione del profilo aromatico o in delicate sfumature che vanno a integrarsi con le sensazioni provenienti dagli altri ingredienti.
Infine va ricordato che molte birre alla zucca si ispirano alle Pumpkin Pie, torte tipiche della tradizione americana. Quindi le relative ricette prevedono anche l’aggiunta di spezie utilizzate per questa preparazione, come cannella, noce moscata e zenzero.
Ricapitolando: nonostante sia stato riscoperto in tempi relativamente recenti, l’impiego della zucca nella produzione brassicola è una consuetudine secolare, originaria degli Stati Uniti. Le Pumpkin Ale possono avere caratteristiche molto diverse tra loro e spesso rappresentano la produzione di un birrificio per il periodo di Halloween.
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