La birra non mi piace perché è amara.
Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase?E quanti di noi sanno ribattere che, nell'intrigante caleidoscopio delle tipologie birrarie, ve ne sono numerose per nulla amare?
Tra queste, un posto in prima fila lo meritano senza dubbio le Blanche o Witbier, con la loro delicata dolcezza temperata da una sottile vena acidula e vivaci spunti agrumati e speziati.
Dove e come nascono queste birre chiare e lattiginose spesso chiamate bianche dal consumatore meno esperto?
Partiamo dal nome, innanzitutto: in Italia prediligiamo la dicitura francese Blanche; il termine più corretto per designarle, dal momento che lo stile è nato a Hoegaarden (nel Brabante Fiammingo, regione belga a una manciata di chilometri a est di Bruxelles), sarebbe però il fiammingo Witbier.
Le birre di frumento nel nord Europa hanno antichissime radici celtiche, la peculiarità delle Wit è, però, l'utilizzo di frumento crudo, non sottoposto quindi alla maltazione (il processo da cariosside di orzo a chicco di malto).
La lunghezza del processo produttivo con cereali crudi e le rudimentali modalità di conservazione disponibili nei secoli scorsi portavano a una spiccata acidità che veniva temperata con coriandolo e scorza di arancia curaçao, due spezie facilmente reperibili nei mercati fiamminghi.
Le difficoltà produttive e il gusto delicato ma al tempo stesso complesso e caratteristico - molto diverso dalle lager chiare industriali a basso costo che avevano ormai invaso il mercato anche in Belgio - causarono la completa sparizione delle Wit nel 1957, quando chiuse anche l'ultimo birrificio della cittadina di Hoegaarden, che ne contava oltre 20 a inizio Novecento.
Le Blanche, però, non potevano davvero estinguersi e nel 1965, dopo otto anni nell'Ade, risorsero come l'Araba Fenice grazie al coraggio e alla tenacia di un lattaio di nome Pierre Celis aiutato da un vecchio reduce chiamato Tomsin, titolare dell'omonimo birrificio che era stato l'ultimo ad arrendersi, quasi due lustri prima.
La fortuna aiuta gli audaci e il successo della nuova impresa fu tale che i consumatori iniziarono ad arrivare fin da Parigi per acquistare la rinata Witbier.
Oggi le Blanche sono tra le tipologie più richieste e, per capirne il motivo, basta analizzarne le caratteristiche organolettiche: il colore, come già si è detto, è paglierino e molto chiaro e con una caratteristica velatura lattiginosa dovuta al frumento crudo e alla tipologia di lievito utilizzato.
La possibilità di impiegare varietà autoctone di grano o anche altri cereali - come avena e farro - hanno reso le Wit uno degli stili più interpretati dai birrifici agricoli italiani.
Le Double Wit, versioni più alcoliche e muscolari oggi proposte da alcuni produttori artigianali, possono avere un colore più carico, tendente al dorato.
La schiuma, come per quasi tutte le birre di scuola belga, deve essere abbondante, a bolla fine e di durevole persistenza; il colore chiarissimo della birra porterà ovviamente la sua coltre di schiuma ad essere candida più della neve.
L'aroma si gioca essenzialmente sui toni dell'agrume e di una speziatura chiara e rinfrescante: nei classici esemplari belgi, i profumi sono generati più dal lievito che dalle spezie effettivamente presenti e troveremo quindi note di pepe bianco e cumino fresco a spalleggiare i semi di coriandolo.
Nelle interpretazioni della Blanche create oggi dai birrifici artigianali di tutto il mondo, invece, rileveremo spesso un maggiore vigore delle spezie aggiunte: oltre al classico coriandolo, abbiamo infatti Blanche aromatizzate con menta, zenzero, ginepro, cardamomo, pepe di Sichuan o di Giamaica...
Analogamente, la presenza della scorza d'arancia curaçao - che nelle versioni tradizionali è un semplice contrappunto - ha oggi scatenato la creatività dei mastri birrai di tutto il mondo, i quali hanno ideato Witbier con altre tipologie di arance nonché bergamotto, lime, pompelmo...
In queste versioni contemporanee, l'agrume diventa un attore di primo piano e l'Italia, con la sua formidabile biodiversità, è ovviamente in prima fila nella generazione di Blanche “creative” molto agrumate.
Al gusto, una Blanche deve avere un attacco lievemente dolce, una leggera freschezza acidula citrica ai lati della lingua, una bollicina piuttosto vivace accompagnata a un corpo decisamente snello e scorrevole e un finale rinfrescante all'insegna del coriandolo e della scorza d'agrume, il tutto senza un percepibile contributo amaricante del luppolo, che viene usato solo in ridottissima quantità.
Le scelte e la “mano” del birraio daranno, infine, un'identità più o meno basata sulla scorza d'agrume o le spezie, necessarie a bilanciare la dolcezza.