Frequentando pub e locali birrai vari, capita di sentire alcune persone che ordinano “birre senza schiuma” e altre chiedersi se questa sostanza schiumosa faccia male alla salute.
La degustazione inizia con gli occhi e ciò che vediamo ci predispone positivamente o negativamente: il cervello gioca un ruolo fondamentale, incrociando ricordi e sensazioni ad ogni stimolo che riceve. La schiuma nella birra è fondamentale e immancabile prima di una sana bevuta, da cui rialzarsi con un accenno di baffi e magari uno sbuffetto sulla punta del naso. Perché? È bella e invitante, così come gli anelli di schiuma che restano attaccati al bicchiere man mano che si beve, detti “merletti di Bruxelles”, tipici delle birre belghe, sono un buon indicatore della tenuta della schiuma della birra che stiamo bevendo e quindi della qualità del lavoro del birraio, della pulizia del bicchiere e di tanti piccoli aspetti spesso trascurati.
La schiuma della birra non è soltanto un fattore estetico, anzi cambia le carte in tavola: si sta degustando un liquido, ma il primo sorso ha una consistenza quasi eterea, che apre lentamente ai sapori, accarezzando il palato prima di scomparire. Soprattutto permette di bere con calma perché protegge il nettare sottostante dall’aria e da una precoce ossidazione.
La maggior parte delle birre è confezionata con una leggera sovracarbonazione rispetto alla necessità reale, per una questione di conservazione e di stabilità del prodotto, ma anche per far sì che si possa dosare la giusta quantità di gas nel bicchiere, durante il servizio, facendo battere il liquido sul bordo del bicchiere, in modo che le molecole di CO2 si separino dalla birra e si disperdano fuori dal bicchiere.
Chi si occupa della mescita regola, con sapienza e attenzione, la distanza tra bicchiere e bottiglia (o rubinetto, nel caso di birra in fusto) per far sì che l’eventuale gassatura in eccesso non vada a influenzare negativamente la bevuta, facendo altresì attenzione che la birra non diventi troppo piatta. Questo è un aspetto meno evidente della schiuma, ma altrettanto importante.
Ogni ingrediente contribuisce alla formazione della schiuma nella birra. Il tipo di lievito, i cereali, maltati e non, i luppoli con le loro resine e anche l’acqua, spesso modificata nella sua composizione di sali e minerali. Ma non solo: eventuali spezie, erbe, frutti richiedono un gran lavoro per far sì che tutto vada a buon fine e non restino oli o altro che possano creare problemi alla schiuma.
In fase di confezionamento, ogni passaggio è fondamentale per dare la giusta gassatura alla birra, perché peggio di una pinta senza schiuma - se lo prevede - c’è solo una schiuma eccessiva, che magari esce dal collo della bottiglia ancora verticale sul tavolo.
Esistono alcuni stili birrari che proprio non prevedono la schiuma o ne consentono una scarsa ed evanescente formazione. Il mondo delle fermentazioni spontanee (birre che fermentano grazie ai lieviti e ai batteri presenti nell’aria), tipiche di Bruxelles e dintorni, rientra in questo scenario. Il Lambic, la birra base, è confezionato “piatto” (senza CO2) ancora oggi e, quindi, servito senza schiuma.
Se vi servissero una Gueuze (un blend di Lambic di più anni, rifermentato in bottiglia) con una schiuma degna di una Weizen tedesca, mandatela indietro: questa particolarissima birra, soprannominata lo Champagne di Bruxelles, va servita decisamente gassata, con una schiuma grossolana destinata a scomparire in fretta.
Anche nel mondo anglosassone la schiuma non sempre è fondamentale: nei pub del sud dell’Inghilterra le birre vengono servite con le hand pumps, un sistema che pompa la birra dal suo contenitore meccanicamente. Questo causa una dispersione della già poca CO2 presente nelle birre tradizionali, portandole nel bicchiere giusto con qualche bolla. A nord, invece, l’aggiunta dello sparkler sul finale del rubinetto, una frangiflutto con dei micro buchi, crea una schiuma densa e persistente.
Le birre ad alta gradazione, Barley Wine e Old Ale, anche se servite in bottiglia sviluppano pochissima schiuma, in parte per l’alto tenore alcolico, in parte perché qui si cerca l’ossidazione per arrotondare i sapori. Altro motivo, infine, è che sono poco gassate all’origine, per scelta produttiva.
In buona sostanza, al netto delle eccezioni, una birra senza schiuma non fa male a chi la beve, ma alla bevanda di Cerere stessa: ogni birra vuole il suo cappello di schiuma e ne ha bisogno per essere piacevole fino in fondo, ma anche bella e invitante.
Chi si occupa del servizio si impegna (o dovrebbe) a far bere i clienti nel miglior modo possibile e far sì che la birra abbia la giusta schiuma.
In particolar modo, per versare correttamente la birra è fondamentale conoscere come e dove è stata conservata, la temperatura a cui verrà servita, la scelta e la pulizia del bicchiere, che deve essere perfettamente lavato e risciacquato, in modo che non restino residui di brillantante o sapone, e leggermente umido nel momento in cui sarà riempito.
A chi beve resta da analizzare la schiuma della birra, paragonandola al bagaglio di esperienza personale e allo stile di appartenenza, e valutare il lavoro del birraio e del publican, ma soprattutto godere della bellezza di quella birra e iniziare felicemente la bevuta.