Come si fa la birra analcolica?

 

 

Le birre analcoliche sono presenti sul mercato da tempo immemore, tuttavia stanno guadagnando spazio soprattutto negli ultimi anni grazie a una maggiore sensibilità dell’opinione pubblica su alcuni temi, come l’inclusione sociale e l’attenzione a uno stile di vita salutare. Nonostante il suo nome, la birra analcolica non sempre è totalmente priva di alcol e dunque il suo tasso alcolico può essere tranquillamente superiore allo zero.

Questa variabilità dipende da nazione a nazione, ad esempio per la legge italiana si definisce analcolica quella birra con un grado Plato compreso tra 3 e 8 e un titolo alcolometrico volumico non superiore all’1,2%. La legislatura europea, invece, prevede il limite dello 0,5%. 

Il titolo alcolometrico è proprio il tasso alcolico o, per meglio dire, la gradazione alcolica della birra, che misura il contenuto di etanolo all’interno della bevanda. Tale valore si indica con il simbolo “%” perché corrisponde alla percentuale in volume delle parti di alcol puro alla temperatura di 20 °C contenuti in 100 parti di prodotto considerato alla stessa temperatura. L’etanolo, anche conosciuto come alcol etilico, è prodotto dal lievito durante la fase di fermentazione del mosto, insieme ad anidride carbonica e ad altre sostanze. È perciò lo stesso processo produttivo della birra che, in condizioni normali, prevede la creazione di alcol. 

 

La produzione di birra analcolica

Come si può ottenere allora una birra priva di alcol (o con quantità quasi irrilevanti) se esso stesso è naturalmente prodotto dal lievito durante la fermentazione del mosto? Le tecniche sono diverse ma fanno capo essenzialmente a due diverse filosofie. La prima consiste nel rimuovere l’alcol a valle del processo produttivo, quindi una volta che la birra è stata brassata in maniera convenzionale. La seconda filosofia consiste nell’evitare (o ridurre drasticamente) a monte la formazione di etanolo. Entrambe le soluzioni presentano vantaggi e controindicazioni. 

 

Box Scorta - 12 Botanic miste 33cl image

Box Scorta - 12 Botanic miste 33cl

€ 36,00

La scorta Baladin analcolica: 4 Botanic Blonde 33 cl., 4 Botanic Blanche 33 cl., 4 Botanic IPA 33 cl.

 

La prima strada, quella che consiste nel dealcolizzare la birra, è molto costosa e spesso appannaggio solo delle grandi industrie. Consiste nel sottoporre il prodotto finale a una distillazione sottovuoto oppure a una filtrazione a membrana tramite osmosi inversa. Con la distillazione l’alcol viene eliminato grazie all’evaporazione, che tuttavia provoca anche la dispersione di molte molecole aromatiche. Il ricorso al sottovuoto permette di ottenere l’evaporazione a temperature più basse, preservando parzialmente l’integrità della birra. La filtrazione invece consente di isolare le molecole di alcol facendo passare la birra in pressione attraverso una membrana con un meccanismo a osmosi inversa. 

La seconda filosofia prevede che il birraio compia delle scelte durante il processo produttivo. Uno dei metodi più diffusi consiste nel bloccare la fermentazione una volta raggiunta la gradazione voluta e dunque impedire al lievito di produrre ulteriore alcol. Questo assunto apparentemente banale in realtà implica complicati giochi di equilibrio in birrificio e necessita di altri escamotage, come ad esempio:

  • il ricorso a ceppi di lievito particolarmente “pigri” 
  • la preparazione di un mosto ad hoc 
  • lo sviluppo della fermentazione a basse temperature  

La birra che si ottiene è spesso aromatizzata con ingredienti speciali o luppolature a freddo per aumentare un impatto aromatico altrimenti molto limitato. 

 

Altri modi per produrre birra analcolica

Un’altra soluzione adottabile a monte è quella di utilizzare lieviti diversi dal genere dei Saccharomyces, impiegando ceppi che producono poco alcol e molte sostanze secondarie, come gli esteri. Anche in questo caso occorre seguire accortezze particolari durante il processo produttivo, ma vale la pena sottolineare che per la legge italiana può essere considerata birra solo quella realizzata tramite una “fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces carlsbergensis o di Saccharomyces cerevisiae. 

Esistono infine tecniche meno raffinate, come la diluizione del prodotto finito, che permette di ridurre la gradazione alcolica ma che rende “annacquati” anche colore e aromi, o il riscaldamento della birra a una temperatura di 78,6 °C per almeno mezz’ora. Come facile immaginare entrambe le soluzioni hanno un pesante impatto negativo sulla birra e offrono poco controllo sul titolo alcolometrico finale. 

Produrre birra analcolica è prima di tutto una sfida per il birraio, perché chiamato a limitare la formazione di un composto che è naturalmente prodotto durante la fermentazione - e la birra è e deve essere il frutto di una fermentazione. Le tecniche sono diverse e quasi nessuna prevede che la birra alla fine sia completamente priva di alcol. Per la stessa ragione ogni nazione ha la sua definizione di birra analcolica o di birra alcohol-free. 

 

New call-to-action