La cultura birraria internazionale è estremamente variegata, tanto che per i meno esperti all’inizio può risultare complicato districarsi tra tipologie, stili, fermentazioni e metodi produttivi. Fortunatamente sono stati ideati schemi e infografiche molto utili per riassumere rapidamente i tratti fondamentali di ogni categoria.
Questi schemi permettono da un parte di ottenere una visione d’insieme della complessità dell’argomento, dall’altra di recuperare immediatamente le caratteristiche distintive di ciascuna tipologia brassicola.
Uno degli strumenti più diffusi per lo studio della cultura birraria è la cosiddetta tavola periodica della birra, che sfrutta l’impostazione della più famosa tavola degli elementi chimici ideata nel 1869 da Mendeleev.
Nonostante il suo scopo, la tavola periodica della birra va analizzata nel dettaglio, perché si basa su nozioni poco familiari a chi non è esperto in materia. Ne esistono diverse versioni, ma affronteremo quella più diffusa e utilizzata.
Ogni casella della tavola è dedicata a uno stile birrario, un concetto che fu inventato da Michael Jackson, il più grande divulgatore moderno di birra. Per stile birrario si intende un gruppo di birre accomunate da elementi storici, sociali, produttivi e organolettici, spesso legati alle consuetudini culturali di una determinata popolazione.
In basso a sinistra della tavola periodica della birra è spesso presente una legenda che riporta il nome e i dati di ogni stile. Tra questi ultimi in basso c’è il titolo alcolometrico, cioè la gradazione alcolica, nonché il grado di amarezza (IBU, acronimo che indica le unità di amaro) e il valore cromatico nella scala SRM.
In alto invece compaiono i valori relativi a densità iniziale (original gravity) e finale (final gravity) del mosto, cioè, in parole povere, il contenuto zuccherino del mosto prima e dopo la fermentazione. Tutti questi valori non sono univoci, ma vengono riportati nella forma di un range in cui solitamente ricade quello stile. Infine i bordi di ogni casella hanno un colore specifico, che naturalmente corrisponde al colore del rispettivo stile birrario.
Gli stili sono distribuiti in una tabella in cui ogni colonna corrisponde a una tipologia brassicola. Le tipologie sono a loro volta suddivise in tre grandi famiglie birrarie: alta fermentazione (Ale), bassa fermentazione (Lager) e stili misti. La prima colonna, ad esempio, identifica le birre di frumento ed è composta, dall’alto verso il basso, da Berliner Weisse, Blanche, American Wheat, Weizen, Dunkelweizen e Weizenbock.
L’ordine è dunque quasi sempre per colore: prima gli stili più chiari, poi quelli più scuri. Lo stesso criterio è seguito anche per gli stili a bassa fermentazione: la colonna XII è dedicata alle European Lagers e presenta nell’ordine Munich Helles, Dortmunder Export, Munich Dunkel e Schwarz.
La regola per cui ogni colonna corrisponde a una determinata tipologia brassicola trova due eccezioni: la prima è la colonna IX delle Stout, che in realtà si estende su due colonne contigue; la seconda è quella delle birre speciali americane e delle birre affumicate, che compongono visivamente una sola colonna.
La tavola periodica della birra è uno strumento efficace, ma non privo di limiti o di scelte poco comprensibili. Poco intuitivo è il gruppo degli stili misti, composto da un pot-pourri di tipologie molto diverse tra loro, come alte fermentazioni della Renania, Rauchbier, Scotch Ale, Festbier, Vienna e Steam Beer.
In altri casi lascia perplessi il posizionamento di alcune tipologie brassicole, come nel caso della colonna II dedicata alle birre acide. Qui infatti ricadono sia fermentazioni spontanee (Lambic, Geuze e Faro), sia fermentazioni miste (birre alla frutta, Flemish Red e Oud Bruin). Un’altra perplessità riguarda la scelta di menzionare determinati stili e non altri, ma occorre anche sottolineare che il mondo birrario è in così veloce evoluzione che è compito arduo riuscire a redigere un elenco esauriente e valido nel tempo.
Nonostante i suoi limiti, però, la tavola periodica della birra ha il vantaggio di riassumere a colpo d’occhio l’enorme ricchezza della cultura birraria internazionale, o almeno di una sua parte sostanziale, comunicando contemporaneamente la profondità di alcune nozioni. In definitiva possiamo affermare che come tutti gli strumenti di questo tipo può tornare utile come supporto, ma risulta poco esaustivo senza uno studio approfondito degli stili birrari, che non può non passare anche attraverso la pratica.
Cioè assaggiando, confrontandosi e assaggiando ancora!