Solitamente chi si avvicina alla cultura della birra ignora quanto variegata sia questa bevanda. Nel mondo esistono decine di tipologie differenti, nate e sviluppatesi intorno a consuetudini sociali, economiche e culturali della loro zona di origine.
Nonostante i tipi di birra siano numerosi e molto diversi tra loro, possono essere suddivisi in due grandi famiglie: le birre ad alta fermentazione e quelle a bassa fermentazione. La distinzione si basa sul tipo di lievito usato, ma ci sono peculiarità in comune anche a livello organolettico.
Le birre ad alta fermentazione, anche dette Ale, sono quelle ottenute con lieviti della specie Saccharomyces cerevisiae. Questi microrganismi lavorano in maniera ottimale tra i 12 e i 23 gradi centigradi e, una volta esausti, tendono a salire verso la parte alta del fermentatore (da qui il nome).
Il loro contributo a livello organolettico può essere molto incisivo, grazie alla produzione di esteri, fenoli ed altre sostanze che vanno ad arricchire il ventaglio aromatico della birra con note, tra le altre, di frutta matura, spezie e fiori. Molte birre ad alta fermentazione sono rifermentate in bottiglia (o in fusto): al momento del confezionamento il birraio aggiunge mosto, lievito o zucchero per attivare un’ulteriore fermentazione nel contenitore. Il tradizionale lievito ad alta fermentazione è il lievito di birra. Questo procedimento permette di allungare la vita della birra e di affinarne il gusto.
Le nazioni storiche per l’alta fermentazione sono la Gran Bretagna e il Belgio, a cui si sono aggiunti, in tempi molto più recenti, gli Stati Uniti. Tradizionalmente le birre anglo-americane impiegano lieviti poco incisivi a livello aromatico. Al contrario, la cultura brassicola del Belgio è fondata su birre molto caratterizzate dal lievito. La maggior parte degli stili di birra esistenti al mondo rientra nella famiglia delle alte fermentazioni. Tra le due tecniche è quella più antica.
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Le birre a bassa fermentazione, anche dette Lager, sono quelle ottenute con lieviti della specie Saccharomyces pastorianus, in precedenza definiti Saccharomyces carlsbergensis perché isolati per la prima volta nei laboratori del birrificio Carlsberg. Questi microrganismi, considerati un ibrido tra il Saccharomyces cerevisiae e il Saccharomyces bayanus, lavorano in maniera ottimale tra i 6 e i 13 gradi centigradi e da esausti si depositano sul fondo del fermentatore.
Il loro metabolismo è più lento dei lieviti ad alta fermentazione e il loro contributo aromatico è molto più contenuto. In generale la produzione di birre Lager richiede più tempo: ad esempio è previsto un lungo periodo di maturazione a freddo, chiamato lagerizzazione.
Oggi quasi tutte le birre commerciali presenti sul mercato rientrano nella famiglia delle basse fermentazioni, perché in linea di massima più controllabili in termini di resa organolettica finale. La nazione di riferimento per le Lager è la Germania, dove storicamente le basse fermentazioni hanno soppiantato gli stili ad alta, a parte qualche eccezione. I lieviti a bassa fermentazione sono diventati commercialmente disponibili solo alla fine del XIX secolo: questa tecnica è quindi molto più recente della precedente.
Per completare il discorso sui diversi tipi di birra esistenti, occorre citare anche la minuscola famiglia delle birre a fermentazione spontanea. Queste si differenziano dalle altre per l’assenza dell’inoculo del lievito da parte del birraio: in altre parole la loro fermentazione non è indotta artificialmente, ma è il frutto della “fecondazione” spontanea dei microrganismi (lieviti e batteri) presenti nell’aria. La regione simbolo di questa arcaica tecnica di produzione è il Pajottenland, situato a sudovest di Bruxelles tra i fiumi Senne e Dendre. Lo stile a fermentazione spontanea per eccellenza è il Lambic.
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Come abbiamo già visto, la differenza tra queste tipologie di birra risiede nella tipologia di lievito utilizzato e nella modalità di fermentazione:
Nonostante la sua ampia variabilità è sorprendente scoprire che i diversi stili birrari sono riconducibili a solo tre famiglie. Questa grande suddivisione permette di trarre alcune conclusioni sul tipo di birra che troveremo nel bicchiere, guidandoci nel successivo assaggio. Il fatto che questa differenziazione venga operata sulla base del lievito impiegato, restituisce il senso dell’importanza di questo ingrediente, che gioca un ruolo sempre molto più decisivo di quanto normalmente si pensi.