Stili birrari in giro per il mondo: per ogni birra un Paese di origine

La grande varietà del mondo birrario può essere divisa in stili, cioè in tipologie di prodotti che hanno tratti in comune dal punto di vista storico, produttivo e organolettico. Conoscere gli stili birrari significa sapere come alcune tipologie di birra sono nate e si sono affermate e quale ruolo hanno spesso giocato nei costumi sociali di determinate popolazioni. 

 

I tre grandi tipi di birra: alta fermentazione, bassa fermentazione e fermentazione spontanea

Tutti gli stili birrari possono essere ricondotti a una delle tre famiglie in cui è diviso il patrimonio brassicolo mondiale. Le due principali, che coprono la quasi totalità della produzione mondiale, sono l’alta fermentazione e la bassa fermentazione. Si distinguono per il tipo di lievito utilizzato:

  • Saccharomyces cerevisiae nel primo caso, che lavora in maniera ottimale a temperature comprese indicativamente tra 13 e 23 °C;
  • Saccharomyces pastorianus nel secondo, che invece si trova a suo agio a temperature comprese tra 7 e 10 °C.

Nelle birre ad alta fermentazione (anche dette Ale) il lievito può essere grande protagonista a livello aromatico, cosa che invece non succede quasi mai nelle birre a bassa fermentazione (anche dette Lager).

C’è poi una piccolissima famiglia rappresentata dalle birre a fermentazione spontanea, che, a differenza delle altre due, non prevede inoculo del lievito da parte del birraio: il mosto caldo viene lasciato a contatto con l’aria e fermenta grazie ai microrganismi presenti nell’ambiente.

Ogni stile birrario affonda le proprie radici nella cultura del Paese o della regione di riferimento. Per ovvi motivi storici, la gran parte degli stili fa capo alle nazioni in cui la birra è da sempre la bevanda per eccellenza: Germania, Regno Unito, Belgio, Repubblica Ceca e, in tempi più recenti, Stati Uniti. Alcuni stili tuttavia sono associati ad altri Paesi.

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L’inghilterra: la birra inglese

Oltre a essere la nazione in cui il pub è da sempre un’istituzione sociale più che un semplice locale, l’Inghilterra è una delle patrie dell’alta fermentazione. I ceppi di lievito inglese sono in genere poco caratterizzanti e lasciano spazio a livello aromatico al contributo dei malti e/o dei luppoli. 

Porter e Stout

L’Inghilterra vanta una lunghissima tradizione di “brown beer”, birre scure da cui nel tempo sono emersi stili ben precisi. Uno dei più celebri fu quello delle Porter, che si diffusero a Londra e nel resto del Paese con l’avvento della Rivoluzione Industriale. La loro fama durò a lungo, ma furono soppiantate nel corso del XIX secolo da produzioni più chiare (ambrate) lasciando il testimone delle birre scure alla loro diretta evoluzione, le Stout.

Similmente alle Porter, anche le Stout si contraddistinguono per note di caffè, cioccolato e liquirizia provenienti dall’uso di malti scuri e il loro successo è stato tale da aver generato diverse variazioni sul tema. Ecco allora le Russian Imperial Stout, più forti e alcoliche, prodotte dai birrifici inglesi per la Russia zarista; ecco le Sweet Stout e le Oatmeal Stout, realizzate rispettivamente con l’aggiunta di lattosio e avena; ecco le Export Stout per i mercati esteri e le Oyster Stout brassate con l’impiego di ostriche.

Bitter/Pale Ale

Le birre quotidiane dell’Inghilterra sono le Bitter, chiamate anche Pale Ale. Si diffusero nei pub inglesi nel corso del XIX secolo, soppiantando le Porter. Rivoluzionarono il mercato con il loro colore “chiaro”, almeno in confronto alle “brown beer” diffuse fino a quel tempo. Le Bitter sono birre facili da bere, con note maltate di biscotto, frutta secca, un leggero tostato e una chiusura delicatamente amara.

 

India Pale Ale

All’inizio del XIX secolo la Bow Brewery di Londra già produceva le sue “India beer”, birre ambrate e luppolate destinate alle colonie britanniche in India. Il birrificio londinese perse però i favori della Compagnia delle Indie Orientali, che cominciò a stringere accordi con i produttori di Burton-on-Trent, importante centro brassicolo dello Staffordshire, chiedendo loro di replicare le caratteristiche dello stile birrario delle “India beer”. 

È più o meno questa la genesi delle India Pale Ale, versioni più alcoliche e luppolate delle Pale Ale, che nella loro versione moderna rappresentano lo stile simbolo della rivoluzione mondiale della birra artigianale. Questa tipologia, praticamente scomparsa in passato, fu infatti recuperata successivamente dai birrifici americani.

Mild e Barley Wine

La storia della birra inglese è sempre stata caratterizzata dalla contrapposizione tra birre mild, da bere fresche, appena pronte, e birre stale, da lasciare invecchiare per mesi, se non addirittura anni. Oggi è possibile trovare il retaggio di questa tradizione in due stili birrari incarnati dalle Mild, per l’appunto, e dai Barley Wine. 

Sebbene in passato esistessero tante incarnazioni diverse, oggi con il termine Mild si intende una birra di colore marrone-rossastro, molto leggera, con note di nocciola, caramello e tostato. Ebbero molto successo nella metà del XX secolo, quando si diffusero ampiamente tra la classe operaia di Londra.

I Barley Wine invece rappresentano lo stile più alcolico della cultura brassicola inglese: sono birre forti, complesse, tendenzialmente dolci, da bere a piccoli sorsi e lasciar riposare in cantina per molto tempo. Spesso sono anche chiamate Old Ale.

Il Belgio: la birra belga

Insieme all’Inghilterra, l’altra nazione di riferimento per l’alta fermentazione è il Belgio. Qui però il lievito diventa protagonista, dominando spesso con le sue note fruttate e speziate il profilo aromatico delle birre. Ma il Belgio, e in particolare una piccola zona a sud-ovest di Bruxelles, è anche la casa del Lambic e delle birre a fermentazione spontanea, un piccolo gioiello nel panorama brassicolo internazionale.

Saison

Come nel resto dell’Europa centro-settentrionale, in Belgio le fattorie sono state importanti centri di produzione nella storia della birra locale. Fu in questo contesto che nacque lo stile birrario delle Saison, che la leggenda racconta servisse per rinfrescare i saissoniers, cioè i braccianti stagionali che arrivavano in Vallonia all’inizio dell’estate per dare una mano nei campi.

Prodotte non di rado con spezie e una frazione di cereali diversi dall’orzo (segale, farro, frumento), sono complesse ma anche facili da bere e si contraddistinguono per note agrumate e speziate e per una chiusura secca e delicatamente amara.

Dubbel e Tripel

Un altro centro importante di produzione fu quello dei monasteri, da cui oggi discende la tradizione della birra trappista. Con questa espressione non si indica uno stile ben preciso: una birra trappista è prodotta all’interno di un monastero dell’ordine cistercense della stretta osservanza, seguendo un preciso disciplinare, ma può appartenere a ogni tipologia (eppure alcuni stili sono propri della tradizione abbaziale).

Le Dubbel sono birre di colore ambrato carico, complesse e con una tendenza dolce, nelle quali convive tanto il contributo dei malti (caramello, miele di castagno) quanto dei lieviti (prugne, datteri, uva sultanina). Dai documenti risulta che fossero prodotte già nel Medioevo, prima di scomparire per poi essere riproposte dopo l’era napoleonica.

Le Tripel invece nacquero in tempi più recenti: la prima fu prodotta dal birrificio Westmalle negli anni ’30. Sono birre chiare con note di frutta a polpa gialla, agrumi, banana, pepe e chiodi di garofano; hanno un corpo pieno e risultano molto equilibrate tra la componente dolce, quella amara e la secchezza finale.

Blanche

Le tipiche birre di frumento del Belgio sono le Blanche, dette anche Witbier. Sono prodotte con alte percentuali di frumento non maltato e aromatizzate con l’aggiunta di coriandolo e scorza di arancia amara. Sono di colore chiaro lattiginoso, risultano fresche e dissetanti, con un profilo aromatico che alterna sensazioni speziate ad altre agrumate, prima di una chiusura delicatamente acidula.

Oud Bruin e Flemish Red Ale

Due degli stili birrari più antichi che sono sopravvissuti fino ai giorni nostri traggono origine dalla tradizione delle birre acide delle Fiandre. Sia le Oud Bruin (Fiandre orientali) che le Flemish Red Ale (Fiandre occidentali) si contraddistinguono per un colore bruno-rossastro e per una spiccata acidità, di tipo lattico nel primo caso, acetico nel secondo. Questa peculiarità è bilanciata da una buona trama maltata e da un profilo aromatico relativamente complesso. Sono propriamente fermentazioni miste, perché prevedono la contaminazione (controllata) di lieviti selvaggi e batteri.

Lambic e Gueuze

Il Lambic è la birra a fermentazione spontanea per eccellenza. Tipico di una piccola zona rurale chiamata Pajottenland (sud-ovest di Bruxelles), questo stile è prodotto senza l’inoculo del lievito da parte del birraio: dopo la bollitura, il mosto viene trasferito nelle vasche di raffreddamento, completamente aperte, ed esposto ai microrganismi (lieviti selvaggi e batteri) presenti nell’aria. Questi ultimi attivano la fermentazione e la lunga maturazione, che avviene totalmente in botti di legno.

Dopo una lunga permanenza (da sei mesi a tre anni) si ottiene una birra decisamente acida, con note di cantina, pollaio, cartone, ma anche fiori di campo, sidro e agrumi. Da Lambic si ottiene la Gueuze, prodotta miscelando solitamente tre annate diverse (uno, due e tre anni): rifermentata naturalmente in bottiglia (è piuttosto effervescente), la Gueuze è chiaramente molto simile al Lambic, ma in genere più elegante.

Kriek, Framboise e Fruit Lambic

Nella tradizione del Lambic non è rara l’aggiunta di frutta per ottenere prodotti completamente nuovi. Le Kriek sono realizzate lasciando macerare delle ciliegie alquanto acidule, mentre le Framboise prevedono l’impiego di lamponi. Esistono poi Fruit Lambic con uva, prugne, albicocche, pesche, etc. In tutti questi casi alle peculiarità proprie delle fermentazioni spontanee si aggiunge il contributo del frutto specifico.

La Germania: la birra tedesca

La Germania è la nazione della bassa fermentazione per antonomasia. Qui le Lager cominciarono a diffondersi in maniera sistematica nel corso del XIX secolo, favorendo la scomparsa di molti stili ad alta fermentazione. Ma forse l’elemento che ha più influenzato la cultura brassicola locale fu la promulgazione dell’Editto della Purezza del 1516, che - prima in Baviera e poi nel resto del Paese - impedì ai birrai di usare ingredienti diversi da orzo, acqua e luppolo (oltre ovviamente al lievito).

Dunkel e Helles

Tipiche di Monaco di Baviera, le Dunkel e le Helles possono essere considerate le birre quotidiane della Germania. Diffusesi probabilmente intorno al XVI secolo, le Dunkel sono birre ambrate-marroni, con una ricca componente maltata e un buon equilibrio generale. Gli aromi ricordano il caramello, la nocciola, il tostato. Nel XIX secolo iniziarono a essere soppiantate dalle Helles, birre dorate e bilanciate, con imbocco dolce, che furono create per seguire il successo delle birre chiare ottenuto poco prima dalle Pils della Boemia.

Weizen

Prodotte ad alta fermentazione, le Weizen sono le tipiche birre di frumento della Germania. Sono facilmente riconoscibili per l’aspetto opalescente (presente in quasi tutte le incarnazioni), ma soprattutto per le note di banana matura e chiodi di garofano, facilmente distinguibili all’aroma. La percentuale di frumento maltato può arrivare fino al 70% e risultano rinfrescanti, facili da bere e appena acidule. La loro rinascita avvenne a partire dagli anni ’60.

Bock e Doppelbock

Le classiche birre forti e invernali della Germania sono le Bock, diffuse già nel XIV secolo nella città di Einbeck, in Bassa Sassonia. Sono relativamente alcoliche (almeno per gli standard tedeschi) e si contraddistinguono per un corpo medio, una discreta dolcezza e una componente maltata in evidenza. Una variazione sul tema è rappresentata dallo stile birrario Doppelbock, la cui capostipite fu nel 1774 la Salvator prodotta dai monaci paolini di Monaco di Baviera, da cui nacque il birrificio Paulaner. Queste birre sono maltate, abboccate, piene e molto alcoliche e ostentano un ricco profilo aromatico, spesso contraddistinto da note di caramello, tostato e frutta secca.

Kölsch e Altbier

L’avvento delle Lager in Germania non spazzò via tutti gli stili ad alta fermentazione. Nelle città di Colonia e Düsseldorf, infatti, sopravvivono ancora oggi due tipologie che possiamo considerare la testimonianza di un antico modo di fare birra:

  • Le Kölsch, tipiche di Colonia, sono birre chiare, estremamente bevibili, secche, leggermente amare e con un bel profilo tra il floreale e il mielato;
  • Le Altbier, proprie di Düsseldorf, sono di colore ambrato-marrone e si distinguono per note che vanno dalla nocciola fino al leggero tostato e per un corpo scorrevole. 

Entrambe le tipologie prevedono una lunga maturazione a freddo (lagerizzazione) e si possono bere nelle antiche locande della città, spillate “a caduta” dalle botti e servite in piccoli bicchieri cilindrici.

La Repubblica Ceca: la birra ceca

Nazione con il più alto consumo pro-capite di birra al mondo, la Repubblica Ceca ha una cultura brassicola ricca, ma fortemente influenzata da quella tedesca. Molte tipologie locali si rifanno a quelle della Germania, eppure è in Repubblica Ceca che nacque lo stile più rivoluzionario di sempre: quello delle Pilsner.

Pils

La prima Pils della storia fu prodotta nell’ottobre del 1842 nella città di Plzen da un birraio bavarese, di nome Josef Groll. Per la sua nuova birra Groll usò gli innovativi malti chiari, un lievito a bassa fermentazione e due fondamentali ingredienti locali: il luppolo boemo Saaz e l’acqua della città, leggera e dolce. 

Quella creazione, che poi sarebbe diventata la Pilsner Urquell, sconvolse il mercato per il suo aspetto dorato cristallino, il suo profilo aromatico elegante e il suo finale amaro ma bilanciato. Era nato un nuovo modo di intendere la bevanda, che avrebbe contribuito alla nascita di tanti altri stili “chiari”.

Gli Stati Uniti: la birra americana

Gli Stati Uniti rappresentano oggi la scena più importante per il mercato internazionale della birra artigianale. La “rivoluzione craft”, cominciata a fine anni ‘70, si è sviluppata adottando e reinterpretando gli stili classici europei, ma anche riproducendo antiche tipologie locali. Gli USA sono la patria delle birre luppolate, declinate in tanti sottostili diversi.

American IPA

Le American IPA possono essere considerate la reinterpretazione dei birrifici americani delle IPA inglesi, adattate al gusto e alle materie prime locali. La prima American IPA moderna fu la Liberty Ale del birrificio Anchor (1975), ma la dicitura fu usata per la prima volta nel 1982 dal birrificio Yakima Brewing. Le varietà americane di luppolo sono grandi protagoniste e conferiscono intense note agrumate, resinose e tropicali e un amaro deciso.

Double IPA

Nel 1994 fu presentata la Inaugural Ale del birrificio Blind Pig, che spingeva al massimo le caratteristiche delle American IPA: era più amara, più alcolica e più luppolata del modello di riferimento. Era nata la prima Double IPA della storia, destinata a essere replicata da centinaia di birrifici negli Stati Uniti e non solo.

American Pale Ale

Prima del successo delle American IPA, le birre quotidiane negli Stati Uniti erano le American Pale Ale, emerse all’inizio degli anni ‘80. Rispetto alle Pale Ale britanniche sono più chiare, focalizzate principalmente sui luppoli (note che possono andare dagli agrumi al resinoso, dalla frutta tropicale a quella a nocciolo) e con un contributo dei malti e dei lieviti quasi nullo.

California Common e Cream Ale

Tra i tanti stili diffusi prima della rivoluzione craft e recuperati dai birrifici artigianali possiamo citare le California Common e le Cream Ale:

  • Le California Common sono antiche birre dell’area di San Francisco, prodotte con lievito a bassa fermentazione lasciato a lavorare ad alte temperature, con il ricorso a vasche di raffreddamento aperte. Lo stile birrario fu rilanciato negli anni ’70 dal birrificio Anchor, che registrò il nome Steam Beer. Sono birre ambrate, leggere, con aromi di luppoli americani tradizionali (balsamico, rustico), note di caramello e tostato e leggere sfumature fruttate;
  • Le Cream Ale, invece, sono birre ad alta fermentazione ma prodotte come delle basse, apparse nel corso del XIX secolo per contrastare l’ascesa delle Lager. Sopravvissero al Proibizionismo ripresentandosi in una versione più leggera e delicata. Sono birre chiare, molto effervescenti, equilibrate e secche. Sono brassate con orzo esastico e discrete percentuali di cereali alternativi (mais ma anche riso e altri).

Francia, Italia e altri Paesi

Sebbene la maggior parte degli stili birrari facciano capo a poche grandi nazioni brassicole, esistono delle eccezioni. 

  • Nella Francia settentrionale si sono sviluppate le Bière de Garde, cugine delle vicine Saison del Belgio. Rispetto a queste ultime sono più maltate e meno amare e speziate. Storicamente erano prodotte all'inizio della primavera e maturate a lungo a basse temperature per poi essere consumate durante l'estate;
  • Negli ultimi anni in Italia è emerso lo stile delle Italian Grape Ale, che rappresenta l’anello di congiunzione tra birra e vino. Sono, infatti, birre prodotte con mosto d’uva o (più di rado) direttamente con il frutto. Possono essere chiare o scure, leggere o alcoliche, acide o non acide, “lisce” o passate in legno. L’importante è che il contributo del vitigno sia percepibile, senza tuttavia sovrastare l’anima da birra;
  • Infine possono essere citati il Sahti finlandese, una birra forte e dolce tipica delle fattorie, realizzata con segale e ginepro, e la Grodziskie polacca, uno stile caratterizzato dall’uso di frumento affumicato, molto carbonato, secco e rinfrescante.

Il fenomeno del turismo birrario

Conoscendo le origini di ogni stile birrario e le differenze che caratterizzano la produzione di diversi Paesi, non è difficile comprendere come il turismo birrario sia un fenomeno in ascesa, destinato a diventare sempre più importante. Nasce da una doppia necessità: da una parte scoprire gli stili birrari nei contesti in cui sono nati e si sono sviluppati, dall’altra entrare in contatto direttamente con i luoghi in cui la birra viene prodotta.

In particolare, negli Stati Uniti il turismo birrario è molto avanzato, grazie anche a strutture che forniscono servizi ricettivi di qualità. In Europa è un trend in crescita e rappresenterà un fattore per il futuro della birra artigianale.

 

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