Tra i tanti stili che compongono lo sconfinato patrimonio brassicolo del Belgio, quello delle Saison è uno dei più interessanti. L’origine di queste birre si perde nel tempo, ma sicuramente erano legate alla vita nei campi.
In particolare la loro produzione è confinata all’interno delle fattorie: un fenomeno che storicamente si ritrova in altre realtà europee, ma che in Belgio assume le dimensioni più evidenti.
Come ben sappiamo, il malto d'orzo è il cereale più utilizzato per la produzione brassicola. Ma le Saison sono sempre state birre particolari: prodotte con lieviti coltivati in proprio, spesso con l’aggiunta di spezie, e brassate partendo dai cereali disponibili in loco. Uno degli aspetti comuni a molte Saison, infatti, sia moderne sia tradizionali, è la presenza di cereali aggiuntivi rispetto al classico orzo: la base fermentescibile è spesso costituita da un mix di diverse materie prime, che finiscono per caratterizzare il profilo organolettico della birra finita.
L’uso di cereali alternativi all’orzo non è ovviamente un’esclusiva delle Saison, ma una pratica molto diffusa nella cultura brassicola internazionale. Ma quali sono gli ingredienti con cui spesso si integra l’orzo? E quali effetti producono sul risultato finale? Vediamo i principali.
Quali sono i cereali alternativi utilizzati per produrre una birra Saison?
Dopo l’orzo, il malto di frumento è senza dubbio il cereale più presente nella produzione brassicola. Sono diverse le tipologie birrarie che rientrano nel novero delle “birre di grano”, in cui il frumento rappresenta una percentuale notevole rispetto alla base fermentescibile. Alcuni di questi stili sono decisamente tradizionali: i due più conosciuti sono identificati dalle Weizen tedesche e dalle Blanche (o Witbier) del Belgio.
La Germania vanta altri due stili di frumento: le Berliner Weisse, acidule e leggere, e le Gose, prodotte con sale, coriandolo e Brettanomyces, tipiche della zona di Lipsia.
Negli Stati Uniti troviamo le White IPA, versione “bianca” dello stile americano per eccellenza, e i Wheat Wine, reinterpretazione dei Barley Wine con una percentuale di grano nel grist. Sempre negli USA sono molto diffuse le Wheat Beer, che a differenza delle sorelle europee spesso sfruttano lieviti neutri e quindi poco caratterizzanti a livello aromatico. Infine, va ricordato che il Lambic, il leggendario stile a fermentazione spontanea del Belgio, prevede una percentuale non indifferente di frumento non maltato.
In base allo stile di riferimento, il frumento può essere impiegato maltato (come nelle Weizen) o non maltato (come nelle Blanche). Il suo impiego ha degli effetti ben precisi sulla birra: in particolare, tende ad alleggerire il corpo e a fornire una leggera acidità finale, due caratteristiche che spesso rendono le birre di frumento particolarmente adatte alla stagione estiva. Inoltre, il frumento tende ad amplificare l’opalescenza di una birra.
L’avena è un cereale storicamente molto diffuso in Scozia e nei paesi scandinavi, usato spesso come mangime per animali ma che trova ampia applicazione anche nei prodotti alimentari destinati all’uomo. Il suo impiego nell’arte brassicola è ampiamente diffuso, sia perché conferisce un contributo aromatico piuttosto caratteristico, sia perché, soprattutto, è in grado di fornire dolcezza e morbidezza a livello tattile.
Proprio per questo motivo il ricorso a questo cereale ha portato alla codifica di un sottostile specifico, quello cioè delle Oatmeal Stout. Si tratta di una variante alle tipiche birre scure di scuola anglosassone, dove l’asperità dei malti scuri è mitigata proprio dalla dolcezza e dal mouthfeel derivanti dall’aggiunta di avena, usata in forma di fiocchi. In generale, la percentuale di avena sul totale della base fermentescibile non supera il 10%.
Come il frumento, la segale è un cereale tradizionalmente legato alla panificazione, ma che trova larga applicazione anche nella produzione brassicola. La sua coltivazione è diffusa soprattutto in un’ampia area dell’Europa settentrionale, che include il Nord della Germania, i paesi Baltici, una parte di Russia e di Scandinavia. L’impiego della segale aumenta la complessità della birra, aggiungendo sfumature speziate e fornendo un carattere “rustico” al prodotto finito. In alcuni casi può conferire sfumature rossicce e inspessire il corpo della birra.
La sua percentuale sulla base fermentescibile generalmente varia tra il 10% e il 20%. Il suo uso è piuttosto diffuso negli Stati Uniti, dove in passato è stato codificato il sottostile delle Rye IPA, India Pale Ale di stampo americano in cui il profilo aromatico è impreziosito dal ricorso alla segale. In senso tradizionale, invece, la sua applicazione in ambito brassicolo è documentata dallo stile tedesco delle Roggenbier, simili alle più celebri Weizen ma molto meno diffuse – in pratica è una tipologia “fossile”, praticamente scomparsa e riprodotta in forma moderna da alcuni birrifici per amore della cultura birraria.
Tra le altre granaglie utilizzate in ambito brassicolo vanno ricordati il farro, il miglio, il mais e il riso. Alcuni sono ampiamente utilizzati dall’industria per sostituire una parte del malto d’orzo e abbattere i costi di produzione, rinunciando però a un prodotto di qualità.
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