L’idea di una birra prodotta con materie prime 100% italiane è tutt’altro che scontata, nonostante gli ingredienti di base siano solo quattro. A parte l’acqua, sulla cui disponibilità è inutile soffermarsi, ancora oggi molti birrifici italiani acquistano lievito, malto e luppolo di provenienza estera. In parte questo succede per scelte produttive a monte, ma in parte avviene anche per la scarsezza di materie prime di provenienza nazionale.
In particolare, nel Belpaese non è mai stato coltivato luppolo italiano con fini commerciali nell’ambito brassicolo e le coltivazioni sorte negli ultimi anni non sono che l’espressione di un fenomeno davvero recentissimo. Per questa ragione parlare di una birra 100% italiana era un’utopia fino a qualche anno fa.
Negli ultimi tempi, però, abbiamo assistito a un cambiamento di paradigma, effetto delle iniziative pionieristiche attuate in tempi non sospetti. Tra queste, una posizione di assoluta importanza è quella occupata dal sogno visionario di Teo Musso del birrificio Baladin, che già alla fine degli anni Novanta ambiva a realizzare una birra totalmente italiana.
L’attenzione di Baladin verso questo discorso si ritrova sin dagli esordi: l’azienda piemontese infatti non ha mai usato malto d’orzo che non fosse di provenienza italiana. Inizialmente la scelta ricadde sul prodotto della malteria emiliana Genal (oggi non più attiva), all’epoca l’unica nel nostro Paese a vendere malto in sacchi e non sfuso (quest’ultima modalità infatti non è gestibile per un birrificio di piccole dimensioni). Così quando Baladin Super e Baladin Isaac, cioè le prime birre della casa produttrice di Piozzo, arrivarono sul mercato, potevano già vantare questo elemento di italianità.
In particolare Baladin Isaac non presentava solo malto di provenienza nazionale, ma anche una storica varietà di grano denominata Bolero, che Teo aveva voluto inserire nel grist in omaggio al padre che ne aveva accolto con entusiasmo la coltivazione (questa birra, infatti, è dedicata al figlio di Teo, ma segna anche questa importante linea di continuità genealogica).
Inoltre, a causa della particolarità della sua ricetta, Baladin Isaac cominciò a incorporare altri ingredienti di provenienza italiana, come il coriandolo e le scorze di agrumi. Fu con lei, in maniera quasi naturale, che Teo Musso cominciò ad accarezzare il sogno di un prodotto 100% Made in Italy, per raggiungere il quale però mancava la parte relativa al luppolo italiano. Quest’ultimo era previsto in minima parte nella ricetta, ma Teo volle colmare anche quella lacuna prima di sventolare la bandiera della prima birra totalmente italiana. Mancava un solo ma fondamentale tassello, dal momento che la coltivazione di qualunque varietà di luppolo italiano nel nostro Paese era totalmente assente.
La forza di quel sogno spinse Baladin a inaugurare una coltivazione sperimentale nel 2008 a Cussanio, in provincia di Cuneo: furono seminate 600 piante delle varietà Magnum, Hallertau Mittelfrüh e Golding, che rappresentarono il primo passo verso quella che sarebbe stata una vera e propria rivoluzione epocale per la birra artigianale italiana.
Ma la strada da percorrere era ancora lunga, perché si trattava di un tema completamente nuovo nel nostro Paese. Fondamentale fu la consulenza di Giuseppe Oliviero, un esperto agronomo che supportò Baladin in questo tortuoso percorso.
La disponibilità di luppolo italiano spinse Teo Musso a lanciare una birra ad hoc per il questo straordinario traguardo. Fu così che nel 2011 nacque Baladin Nazionale, la prima birra 100% italiana. Oltre ad acqua locale (proveniente dalla Alpi Marittime), malto d’orzo, luppolo italiano, scorze di agrumi e coriandolo nazionali, Baladin Nazionale era prodotta anche con lievito coltivato in loco. Questo ingrediente, spesso trascurato, rappresenta per Baladin un altro elemento importante nella sua ricerca di italianità.
Alla fine degli anni Novanta il birrificio piemontese divenne infatti uno dei tester individuati da un fornitore di lieviti per sperimentare alcuni ceppi in ambito brassicolo. Teo rimase affascinato dalla resa aromatica di una varietà da whisky e cominciò a lavorarci sopra per adattarlo alla produzione di birra: la prima birra di Baladin realizzata con quel particolare ceppo fu Baladin Elixir, alla quale seguì tempo dopo Baladin Xyauyù.
L’obiettivo di Teo Musso era però molto più ambizioso e consisteva nell’ibridazione di quel lievito con un ceppo del territorio. Alla fine del 2015 Baladin cominciò, con il supporto di Duccio Cavalieri, la caccia a un ceppo di lievito italiano. Il lavoro ancora non si è concluso e per il momento ha portato all’isolamento di tre o quattro ceppi interessanti, tra cui uno captato nella zona del birrificio. Le ibridazioni sono in corso ed entro la fine del 2020 è prevista la disponibilità del primo nuovo lievito, che nelle intenzioni sostituirà quello da whisky in diverse ricette di Baladin.
Nazionale è il simbolo del messaggio Dalla Terra alla Birra con cui Teo Musso ribadisce la volontà di voler portare il suo birrificio a produrre esclusivamente birre da filiera agricola italiana (ad eccezione di poche spezie non presenti sul territorio nazionale).
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