Che lo stile delle India Pale Ale (IPA) abbia segnato la rivoluzione internazionale della birra artigianale è ormai pienamente assodato. La tipologia originaria della cultura britannica è stata recuperata dai birrifici statunitensi, che l’hanno adattata alla propria visione brassicola prima di favorirne la diffusione tra i produttori di tutto il mondo. Il successo è stato così travolgente da segnare la nascita di tanti sottostili, tutti orientati a esaltare al massimo la potenza aromatica delle moderne varietà di luppolo, in primis quelle provenienti proprio dagli Stati Uniti. Il rovescio della medaglia è stata la rapida saturazione del mercato, che si è riempito velocemente di tante birre realizzate partendo da modelli molto simili e dalla stessa filosofia produttiva. Una simile dinamica ha presto messo i birrifici di fronte a una sfida: come produrre una IPA differenziandosi dalla massa e restando coerenti con la propria identità aziendale?
Una domanda che si è posto a lungo anche Teo Musso del birrificio Baladin. Teo nei confronti delle IPA ha sempre provato sentimenti contrastanti: da una parte c’era l’interesse per la resa puramente organolettica di queste birre, considerata piuttosto intrigante; dall’altra la constatazione che la loro monotona esaltazione della componente luppolata aveva finito per omologare eccessivamente il mercato, proprio com’era accaduto al vino negli anni Novanta con l’affinamento in barrique. Coltivava dunque l’idea di realizzare la sua IPA, ma doveva trovare la chiave giusta per distinguerla dalla concorrenza e renderla coerente alla propria filosofia produttiva.
Sin dalla sua nascita nel 1996, il birrificio Baladin ha portato avanti dei temi di grande interesse. Questo aspetto è stato sicuramente il suo punto di forza, perché tutta la produzione è evoluta partendo dalle visioni chiare e ambiziose del suo fondatore. Uno dei grandi obiettivi perseguiti da Teo Musso è stata la creazione di una filiera italiana per le sue birre, così da arrivare a realizzare prodotti 100% Made in Italy: un traguardo molto più difficile e meno scontato di quanto si potrebbe pensare. Un altro punto fermo della produzione di Baladin è rappresentato dalla scelta di giocare fuori dagli schemi, senza ingabbiare le ricette delle birre all’interno di tipologie predefinite. Uno degli strumenti per realizzare questo obiettivo è stata la coltivazione di un particolare ceppo di lievito, che ha fornito il supporto per lo sviluppo di una gamma assolutamente personale.
Tutti questi elementi hanno trovato concretizzazione nella Baladin L’IPPA (5,5%), la prima India Pale Ale di Baladin che ha visto la luce all’inizio del 2020, cioè dopo quasi venticinque anni dalla fondazione del birrificio e due lustri abbondanti dalla diffusione delle moderne IPA in Italia. Un’attesa molto lunga, che è finalmente terminata quando Teo Musso ha avuto la possibilità di inserire la sua creatura nel progetto di filiera italiana di Baladin, grazie alla disponibilità di nuove varietà di luppolo coltivate sul territorio nazionale. Nonostante le prime piantagioni di luppolo a firma Baladin furono avviate oltre dieci prima, è stato con il raccolto del 2018 che l’attività ha compiuto un grande salto di qualità. Tra i traguardi raggiunti ci sono anche la prima disponibilità di varietà aromatiche, fondamentali per creare una IPA da ingredienti totalmente italiani. Così per la ricetta della Baladin L’IPPA sono stati utilizzati luppoli Comet, Cascade e Chinook (usati anche a freddo), oltre al Magnum per amaro.
Teo ci tiene però a precisare che la Baladin L’IPPA non è un IPA in senso tradizionale. Non prevede particolari ingredienti aggiuntivi, eppure il lievito si discosta dai classici ceppi “neutri” utilizzati in queste birre. Al contrario nella produzione di Baladin troviamo il classico lievito della casa che, tramite i suoi esteri, fornisce piacevoli note fruttate (in particolare melone) che si fondono perfettamente al contributo dei luppoli: le pennellate di frutta tropicale del Comet, i toni agrumati del Cascade e il carattere resinoso del Chinook. L’incontro tra i due ingredienti non solo crea un amalgama peculiare e ammaliante, ma ha effetti positivi anche sulla vitalità della birra. A differenza infatti di quasi tutte le IPA, che necessitano di essere bevute subito per essere apprezzate al meglio, la Baladin L’IPPA resiste bene al passare del tempo e risulta piacevolissima anche dopo diversi mesi. La particolare interazione tra lievito e luppolo preserva la freschezza del ventaglio aromatico, arrivando persino a esaltarlo durante il decorso della propria shelf life.
Per tutte queste ragioni la Baladin L’IPPA è una IPA unica nel suo genere e in un prossimo futuro non è escluso che possa essere confezionata in lattina, incorporando così un altro elemento per cui Baladin è stato pioniere tra i birrifici italiani.
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