Articolo a cura di Simonmattia Riva, Biersommelier
Quando un uomo dice di no allo champagne, dice no alla vita.
(Pierre Segui)
Nel lessico enologico il termine cuvèe può indicare tanto l'assemblaggio di uve di vitigni diversi, quanto la più pregiata produzione di una casa vinicola o, ancora, la quantità di vino prodotta in un tino. Quale accezione pertiene alla Metodo Classico Cuvèe 36 mesi di Baladin? La specificazione cronologica rivela che si tratta di un singolo lotto produttivo lasciato maturare più a lungo, al fine di donare ulteriore finezza e complessità organolettica. Per l'esattezza si tratta di un raddoppio del tempo di riposo in cantina, dal momento che per la Metodo Classica “ordinaria” la maturazione sui lieviti prima della sboccatura dura 18 mesi.
La sboccatura e l'antecedente remouage delle bottiglie, finalizzato a veicolare le fecce verso il collo dopo la messa in punta, sono del resto ciò che distingue la Metodo Classico dalle più comuni birre rifermentate in bottiglia in cui, esattamente come nel vino, la rifermentazione con zuccheri e lieviti ha lo scopo di portare la bevanda alla giusta quantità di carbonazione (presa di spuma) e al corretto livello di residuo zuccherino (attenuazione).
La già pregiata bottiglia della Metodo Classico, una champagnotta dalla robustezza (ben 900 grammi di peso) indispensabile per la tipologia di rifermentazione e dall'elegante design che ripropone le prime bottiglie di Baladin disegnate da Teo Musso nel 1997, viene ulteriormente impreziosita dalla presenza di una scatola color ghiaccio decorata a motivi floreali che richiama il packaging dei distillati di pregio.
Il rituale dello stappo porta con sé, quale festosa conclusione, il caratteristico “botto” dovuto alla fuoriuscita di anidride carbonica dalla bottiglia che evoca immediatamente momenti di giubilo e festa. Affinché la degustazione di Metodo Classico Cuvèe 36 mesi sia una grande festa delle sollecitazioni sensoriali, il consiglio è di servirla a una temperatura di 10-12°C, in una flûte da champagne o in una coppa leggermente più ampia, a seconda di quali sensazioni si vogliano privilegiare.
Una birra così complessa, infatti, parla lingue diverse a seconda del bicchiere prescelto fin dall'esame visivo: la schiuma dal color avorio, fine, compatta e sonoramente crepitante avrà una maggior persistenza in un bicchiere con la base più ampia rispetto all'apertura; mentre sarà di durata più effimera nel flûte a champagne. Identico sarà, ovviamente, il colore: ambrato chiaro con venature di tramonto estivo e corredato da una leggera opalescenza frutto dell'assenza di filtrazione.
Il naso viene in un primo tempo solleticato da sensazioni fresche di scorza d'arancia amara e crosta di pane unite a una chiara nota minerale, dopo qualche secondo di permanenza nel bicchiere si fanno invece strada ricordi più caldi di albicocca molto matura, miele di zagara, uva cilena, caco, alchechengi e dattero. Le olfazioni successive al primo sorso porteranno poi con sé ulteriori sollecitazioni, più improntate allo zenzero candito, al latte di mandorla e a punte pepate se si è optato per il flûte, maggiormente declinate sul mallo di noce e con una sorprendente nota fumé in un bicchiere più largo alla base.
Al sorso rivela una carbonazione vivace e un corpo meno opulento della versione “ordinaria”, anzi, piuttosto snello considerando la gradazione alcolica e la complessità gustativa: l'attacco dolce ricorda inizialmente il pan brioche e la confettura di albicocche per poi virare, con l'incremento della temperatura, verso le noci e il latte di mandorla. La trama zuccherina viene però interrotta fin dall'arcata palatale da una pennellata amara di marmellata di arance, ben più intensa rispetto alla Metodo Classico maturata 18 mesi, che, a braccetto con l'intenso perlage e una lieve nota acidula venata di agrume, va a tagliare e bilanciare la dolcezza. In un bicchiere dalla base più larga rispetto all'apertura risulteranno più percepibile la componente amara e la punta fumé, mentre nel flûte sarà la bollicina a mostrarsi più vigorosa e persistente.
Il finale risulta decisamente armonico, con la vena amara che si attenua e rimane in vita quanto basta a dare un taglio pulito a fine corsa e lasciare spazio, nella deglutizione, oltre ad una sensazione calda che ci rammenta di non dar troppa confidenza all'elevato tenore alcolico, a una lieve punta di pepe e zenzero candito, mentre nel retrolfatto tornano ricordi sinuosi di arancia candita e albicocca matura.