Nello sconfinato patrimonio brassicolo internazionale esistono tipologie molto diverse tra loro. Alcune sono in grado di catturare l’attenzione perché ricorrono a tecniche particolari o a ingredienti aggiuntivi rispetto a quelli standard (malto d’orzo, luppolo, lievito e acqua). Un esempio classico è rappresentato dalle Blanche, birre di frumento aromatizzate con coriandolo e scorza d’arancia amara, ma lo sguardo si può tranquillamente allargare ad altri stili - come le Berliner Weisse, le Gose, le Kriek o le Italian Grape Ale - creazioni che ricorrono a materie prime decisamente inusuali.
La maggior parte delle tipologie, tuttavia, prevede l’impiego esclusivo dei quattro ingredienti di base ed è affascinante verificare quanti stili si siano sviluppati da un numero così ridotto di variabili, almeno apparentemente. Così anche per le birre più immediate, che puntano cioè alla facilità di bevuta senza ricorrere agli “effetti speciali”, è interessante analizzare le materie prime utilizzate per capire quali sono le caratteristiche salienti che le contraddistinguono.
Nella cultura birraria del Belgio c’è uno stile, rappresentato dalle Blonde Ale, nato quasi a tavolino per rispondere al crescente successo delle Pils e, in generale, delle Lager chiare. Come le loro cugine, anche queste birre sono di colore dorato, risultano bilanciate ed estremamente bevibili senza rinunciare però a mostrare un carattere deciso e a esprimere le peculiarità dell’arte brassicola locale. Nonostante i tanti aspetti in comune, si tratta di creazioni lontanissime dalle Pils per diversi motivi. Il punto però è che sia quest’ultime, sia le “bionde del Belgio” utilizzano solo i quattro ingredienti di base della birra: scendiamo nel dettaglio per comprendere quali siano le caratteristiche distintive delle Blonde Ale.
La differenza più eclatante è sul tipo di lievito utilizzato. Le Blonde Ale sono infatti la risposta dei birrifici belgi alle Lager chiare continentali, ma al contrario di quest’ultime sono birre ad alta fermentazione. In altre parole, i birrai del Belgio hanno declinato le caratteristiche tipiche delle Pils secondo il loro gusto e le loro consuetudini produttive.
Il lievito che definisce le Blonde Ale appartiene alla specie Saccharomyces cerevisiae e i ceppi impiegati partecipano attivamente alla formazione del ventaglio aromatico grazie alla produzione, tra gli altri, di esteri e fenoli (sostanze derivate dal processo di fermentazione), che forniscono delicate sfumature fruttate e speziate alla birra.
I birrai belgi sono maestri nel valorizzare il contributo del lievito a livello organolettico, ma nelle Blonde Ale questo apporto, seppur facilmente percepibile, è piuttosto limitato rispetto alla media degli stili locali. Insomma, si può affermare che le Blonde Ale abbiano un profilo decisamente pulito, elemento imprescindibile per proporsi come birre facili da bere e adatte a ogni occasione.
Gran parte della base fermentescibile è solitamente costituita da malto d’orzo Pils, che chiaramente è uno degli ingredienti fondamentali dell’omonimo stile di origine ceca da cui le Blonde Ale in qualche modo traggono origine. Nel caso della tipologia belga, però, è rilevabile la presenza di una piccola percentuale di malti aromatici, che possono influenzare sia le sensazioni olfattive e gustative, sia il colore stesso della birra – può infatti assumere una tonalità più satura rispetto alle Pils.
Tradizionalmente le Blonde Ale sono realizzate con luppoli nobili europei o comunque con varietà tradizionali. Le tipologie più impiegate sono il Saaz – altro punto in comune con le Pils – lo Styrian Goldings e l’East Kent Goldings. Nell’incarnazione classica dello stile, dunque, il luppolo offre un contributo limitato alla formazione del profilo organolettico, che invece è in larga parte determinato dal lavoro del lievito.
Il discorso, però, cambia decisamente se consideriamo le versioni moderne delle Blonde Ale, prodotte negli ultimi anni da birrifici affacciatisi di recente sul mercato nel pieno della rivoluzione internazionale della birra artigianale. In simili produzioni i birrai cercano di esaltare la presenza del luppolo, sia spingendo maggiormente sulla componente amara – di base le Blonde Ale sono tendenzialmente dolci, sebbene discretamente secche – e arricchendo il bouquet con note provenienti da questo ingrediente.
Ecco che allora alcune Blonde Ale “di nuova generazione” possono presentare note di agrumi o di frutta esotica derivanti dall’impiego di varietà moderne coltivate negli Stati Uniti, in Nuova Zelanda o in altre nazioni emergenti.
Infine, sebbene non sia una consuetudine consolidata, alcune Blonde Ale possono prevedere l’aggiunta di spezie (coriandolo, zenzero, scorze di agrumi, ecc.) per arricchire il profilo aromatico. Spesso, tuttavia, percezioni riconducibili all’impiego di spezie sono semplicemente il risultato del lavoro del lievito ad alta fermentazione, che in questi casi può tranquillamente generare sfumature “speziate”.