Articolo a cura di Simonmattia Riva, Biersommelier
Perché, senza l'amaro, amico mio, il dolce non è tanto dolce.
La frase di Jason Lee in Vanilla Sky può ben adattarsi anche alla descrizione di un birra: senza un bilanciamento dato dall'amaro, infatti, il gusto dolce perde di fascino e attrattiva, getta alle ortiche il suo vantaggio ancestrale (è infatti il primo sapore che i neonati gradiscano) e decade a stucchevolezza.
Costruire una ricetta birraria è, dunque, un esercizio di bilanciamento e proporre variazioni di una formula iconica e di successo richiede, oltre a una rilevante dose di coraggio, anche la capacità di camminare sulla corda dell'equilibrista. Nel 2011 l'intero mondo della birra artigianale surfava in cima alla cresta della montante onda delle fragranze agrumate e tropicali sprigionate dai luppoli americani ed oceanici e a casa Baladin, dove il gusto per l'esotico è parte del DNA, si decise di provare a rivestire con i profumi dei verdi coni di oltreoceano, e pure con il loro muscoloso apporto di amaro, la Super, una delle prime etichette nate a Piozzo.
Birra ormai adolescente, dal momento che era sul mercato già da quattordici anni, nonché contraddistinta da una prevalenza dolce e da un'aromaticità declinata sulla frutta disidratata e il toffee: capovolgerne il centro di gravità spostandone l'equilibrio gustolfattivo sarebbe probabilmente sembrato un eccessivo azzardo a molti ma non a Teo Musso.
Super Bitter è racchiusa nella sua bottiglia da un tappo a corona: la significativa differenza con la ceralacca e il tappo in sughero che sigillano la “madre” è un evidente indizio della maggiore propensione della “figlia” ad offrirsi un consumo più agile e disimpegnato.
Stappata e versata in uno snifter o un calice a tulipano, le tipologie di bicchieri che meglio faranno sprigionare il variopinto caleidoscopio di profumi e sapori, si mostra di colore ambrato carico, con vividi riflessi aranciati e ramati evocanti un caldo tramonto a latitudini mediterranee.
La leggera opalescenza che la vela è generata sia dall'assenza di filtrazione sia dal dry hopping, ovvero dall'aggiunta di luppoli a freddo nel corso della fermentazione secondaria: una tecnica che assicura il trasferimento alla birra di tutta la ricchezza aromatica delle infiorescenze femminili del verde rampicante. La coltre di schiuma che corona la superficie è di tinta avorio e di grana finissima: si mostra inoltre compatta e assai durevole, aiutata nel suo vigore proprio dagli oli essenziali dei luppoli.
Il bouquet è complesso, sinuoso e cangiante: ad un'iniziale carattere agrumato tinto di buccia di mandarino e polpa matura di pompelmo rosa si affianca una vena balsamica con ricordi di resina di conifera, bacche di cipresso e mughetto. I toni citrici e boschivi, dovuti alla generosa luppolatura, sono elegantemente contrappuntati dalle sensazioni calde date dai malti e dagli esteri, composti aromatici di origine fermentativa: albicocca secca, nespola e pesca tabacchiera molto mature emergono su uno sfondo di miele di zagara e di tiglio, la cui nota balsamica funge da trait d'union con i sentori donati dai luppoli. La sinergia tra le due famiglie aromatiche può portare a pensare ad una brioche appena sfornata e farcita al momento con una marmellata casalinga di arance o di mandarini.
Lasciando guadagnare al prezioso liquido ambrato qualche grado di temperatura il paesaggio sensoriale muta ancora di forme e colori e dona suggestioni di melone cantalupo maturo, dattero, genziana e petricore, fino a portare alle narici ricordi di pepe di Giamaica e un’originalissima pennellata di candy alla fragola, frutto del lavorìo del lievito di ceppo belga impiegato.
Al sorso rivela una carbonazione molto sottile ma vivace e ben percepibile e un corpo di media rotondità, con la presenza di un buon residuo zuccherino. La lingua è avvolta in prima battuta dalla componente dolce che, in coerenza con l'olfatto, presenta echi di albicocca e cantalupo maturi, pesca sciroppata e miele di tiglio che, a medio palato, lega la sua nota balsamica a ricordi di zucchero brunito e scorza d'arancia candita. Il finale, amaro ma non troppo, è venato di mandarino, pompelmo rosa e, soprattutto, arancia sanguinella matura, che segna anche il retrolfatto legandosi a un ritorno dei toni di nespola e melone.
L'equilibrio dolce-amaro di Super Bitter ricorda una salvifica pioggerella che risveglia gli umori della terra dopo un lungo e assolato pomeriggio estivo in collina.