I nostri antenati apprezzarono il miele da ben prima di convertirsi all'agricoltura e alla stanzialità: la sua ricerca era certamente un'importante mansione per i primitivi cacciatori e raccoglitori.
Nella disputa se sia nato prima il vino o la birra, il vincitore è infatti il proverbiale terzo incomodo: l'idromele, bevanda ottenuta stemperando il miele in acqua e lasciando quindi fermentare, un tempo spontaneamente oggi per lo più con lieviti selezionati, il miscuglio.
I Celti idearono poi una bevanda ibrida tra birra e idromele chiamata braggot: oggi rarissimo, poteva essere prodotto semplicemente blendando una birra e un idromele già fermentati oppure aggiungendo miele in bollitura, ad integrare i cereali maltati come fonte di zuccheri per i lieviti.
In questa seconda accezione il braggot è dunque un antenato delle odierne birre al miele, in cui il prodotto delle api può essere usato in due diverse modalità.
L'aggiunta di miele può infatti avvenire negli ultimi minuti di bollitura del mosto, così da sterilizzarne la carica batterica, oppure nell'ultima fase della fermentazione: nel primo caso il nettare non darà dolcezza, perché il lievito ne assimilerà tutti gli zuccheri, ma solo un delicato tocco aromatico.
Nella seconda opzione invece offrirà un contributo alla componente dolce della birra e un apporto aromatico decisamente più robusto con però il rischio di portare con sé lieviti selvatici che possono stravolgere profumi e gusti del prodotto.
Si tratta di una tipologia birraria priva di un perimetro stilistico ben definito e quindi anche il suo impiego a tavola, nel sempre stimolante gioco degli abbinamenti, è totalmente condizionato dalla varietà di miele impiegata e dallo stile birrario sottostante: il mastro birraio cercherà assai probabilmente un'assonanza tra gli aromi del miele prescelto e quello dei malti, spesso caratterizzati da profumi a loro volta mielati, impiegati nella ricetta.
Così, una birra chiara arricchita da un miele tenue come quelli d'acacia o di rododendro potrà accompagnare piatti di pesce delicati come la trota al blu o al vapore, mentre un'ambrata di buon corpo con aggiunta di miele di castagno, dalle caratteristiche note amaricanti, potrà misurarsi con sapide preparazioni carnee come il classico stinco di maiale o uno spezzatino di selvaggina.
Il miele di zagara o di altro agrume veicolerà i suoi sentori nella bevanda portando la nostra birra ad accostarsi felicemente a piatti con aggiunte di scorza o succo di agrumi, siano essi insalate o primi piatti con frutti di mare o dei rinfrescanti dessert: in quest'ultimo caso è opportuno verificare che la birra abbia sufficiente corpo e struttura per reggere il connubio.
Le componenti vegetali dell'elegante miele di Sulla permetteranno di avvicinare una birra contraddistinta dalla sua presenza a ingredienti difficili come asparagi e carciofi; il raro e pregiato miele di corbezzolo donerà invece a una birra il suo caratteristico sentore tostato con un finale amaro e, pertanto, si legherà bene a piatti contraddistinti da reazioni di Maillard o da ingredienti in affinità come caffè, cacao e carruba o, per completamento, taglierà l'opulenza di preparazioni cremose o con aggiunta di panna o ancora la grassezza di latticini formaggi come il mascarpone.
Proprio il connubio mieli-formaggi, ormai assimilato dalla ristorazione ad ogni livello, offre lo spunto per molteplici abbinamenti di successo, tanto più che anche le birre mostrano un'irresistibile affinità elettiva con i prodotti caseari: una degustazione di birre e formaggi abbinati è infatti una delle più paradisiache esperienze culinarie che si possano immaginare.
Gli accostamenti vincenti, in questo caso, non riguardano naturalmente solo i formaggi in purezza ma anche piatti che li mettano in giusta evidenza come paste ripiene o risotti con essi mantecati: il miele di robinia (e le birre con esso arricchite) mostra ad esempio un'irresistibile attrazione per il taleggio, mentre i toni caramellati e toffee del miele di erica permettono di bilanciare la sapidità e le note umami di un parmigiano reggiano, di un fiore sardo o di un puzzone di Moena.
La complessità del miele di tiglio, balsamico al naso, inizialmente dolce in bocca e amaro nel finale, lo rende capace di addomesticare formaggi dalla grande profondità gustativa come il bagoss, il bitto o il Castelmagno purché la birra che lo ospita abbia sufficiente spalla.
Mai come in questo caso è necessario studiare bene i potenziali partner prima delle nozze.
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